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La solitudine è un’esperienza comune a molte persone e, nel lutto animale, amplifica le emozioni del distacco.

La solitudine, prima ancora di essere la scarsità di rapporti umani, è la percezione di non essere importanti per gli altri ed è, spesso, associata all’isolamento sociale, al rifiuto umano. Non essere importanti per gli altri attiva la sensazione di essere rifiutati, sentirsi invisibili. Se non sei importante, la tua presenza, la tua vita risultano inutili. Per questo, la solitudine è un rischio vitale concreto per molte persone: perché, se la tua presenza o assenza è del tutto invisibile agli occhi esterni, dove trovi la forza per vivere?

Nell’accezione positiva, la solitudine viene presentata come quell’idillio polarizzato in cui la persona ritrova sé stessa allontanandosi dagli altri. Libera e autonoma, non ha bisogno di niente e di nessuno; il suo tempo lo riempie con il proprio sé e la presenza o assenza altrui è ininfluente nell’economia del suo benessere. Siamo sicuri che sia davvero così?

Nel mezzo delle opposizioni, però, la solitudine è uno stato concreto quotidiano, che la persona affronta, giorno dopo giorno. Nel coaching ad ispirazione gestaltica, la solitudine può essere affrontata da diverse angolazioni.

Il senso della solitudine, il senso della vita

Come più volte ho detto in questo blog, il senso di ciò che ci accade, di ciò che vivi, è fondamentale. Senza il senso, voli nell’aria come un aquilone. Nella solitudine, una domanda essenziale che ti poni è che senso ha quello che stai vivendo, perché lo vivi proprio tu, perché così. Quando trovi le risposte, il più delle volte lo sguardo va all’esterno, va ai genitori, agli amici, al lavoro, ai luoghi dove qualcuno o qualcosa ha fatto sì che tu venissi lasciato indietro.

Il lutto animale, la morte del cane, gatto, cavallo o altro pet materializza la solitudine perché toglie una presenza. L’animale era una presenza per vivere, per andare, per fare le cose di tutti i giorni e quelle speciali. Senza, chi viene con te? Chi ti protegge? Chi ti accompagna? Con chi vai a camminare nei luoghi isolati? Come ti addormenti quando la casa è vuota e tuo marito è lontano o ti sta tradendo con un’altra? Si potrebbe continuare per ore a raccontare come gli animali riempiono, danno presenza, sicurezza, importanza, valore alla vita.

Il punto di inizio è proprio sentire il senso dentro al tuo corpo: dove si trova, fisicamente, il senso della tua solitudine nel tuo corpo? Come si manifesta la solitudine nel tuo corpo? Dove la senti di più? Nello sterno, nelle mani, nella pancia, nell’utero?

E dove senti il senso della tua vita? Come si manifesta? Con nostalgia, desiderio, piacere, volontà, apatia o in che altro modo?

Esserci per sé: un passo oltre la solitudine

Se solitudine significa sentirsi soli, esserci per te può significare presenza? Se solitudine significa non avere nessuno accanto, riconoscere che hai qualcuno vicino può cambiare la tua percezione?

Nel coaching che propongo, dedico un momento speciale alle parole “nessuno”, “presenza” e “vicino” perché sono attivatori vivi di trasformazioni.

La consapevolezza che nasce dal renderti conto che si tratta di percezioni, di bisogni e di modalità per stare in relazione insieme agli altri tanto quanto il tuo potere personale nel riempire la tua vita produce il risultato di migliorare il tuo stato. Pare una cosa new age eppure la consapevolezza del cosa puoi fare e delle risorse che hai a disposizione per dare senso ad ogni momento di tristezza che vivi è importante. Se riesci a riconoscere i momenti in cui ti senti sola, se riesci a decodificare che cosa ti farebbe sentire in compagnia e se riesci a riportare a te stessa questi bisogni, hai l’opportunità di scegliere, fra le tante opzioni a tua disposizione, cosa darti per stare meglio.

Il “cosa darti” non ha a che fare con gli altri, con gli oggetti, le esperienze o le sostanze ma con la tua capacità di essere un contributo attivo nella tua vita.

Quali talenti aspettano nella tua solitudine? Quali modalità nuove vogliono essere viste mentre piangi l’assenza? Quanta vita in te spinge per uscire dal guscio dell’isolamento?

SE vuoi esplorare il tuo potenziale oltre il senso di abbandono, valuta il mio percorso di coaching individuale.

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