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Recensione “C’è ancora domani”, il film di Paola Cortellesi

Sono stata al cinema per “C’è ancora domani“, il film di Paola Cortellesi dedicato alle donne zitte e vittime di violenza familiare. Non ti racconterò la trama perchè il film è ancora nelle sale e, se non lo hai visto, è davvero un bene che tu vada al cinema. Di C’è ancora domani ti parlerò di come ha parlato di femminismo, sorellanza, violenza sulle donne e potere delle donne. Per questo lo reputo un film immenso, soprattutto per il finale, che è una soluzione possibile al problema dell’invisibilità femminile.

La violenza domestica raccontata da Paola Cortellesi

Un teatro, esattamente quello che é, pur nella sua brutalità quotidiana. Una messa in scena, dove gli improperi e le urla, persino gli schiaffi, sono musica e balletto del tira e molla fra marito e moglie, vittima e carnefice con ruoli fissi. La vittima è vittima fino a quando non decide di essere una donna libera. Il carnefice è tale fino a quando non si arrende a un potere più grande, quello della giustizia. Quello della politica.

Nel mezzo, bambini abituati all’abuso verbale e una giovane donna, la figlia che, nonostante critichi in continuazione la madre per il lassismo contro il padre, sceglie di ignorare i campanelli d’allarme di un futuro già scritto, anche per lei. Perché sì, tema sommesso, quasi nascosto fino alla fine, ma poi esplicitato con vigore, è quello della scelta.

La scelta di proporsi alle botte, di restare nonostante si sappia perfettamente che è tempo di andare. La scelta di restare per i figli e perchè non ci sono opportunità di cambiamento così motivanti da correre il rischio di lasciare. L’indifferenza generale, abituata alla violenza, è anche la scelta di chi, pur sapendo, si gira dall’altra parte e accetta, muta, il perpetrarsi degli eventi contro una donna, una come tante. Una come lei. E se non mi salvo io, perché dovrei salvare te?

La maternità in C’è ancora domani

Ci sono tante donne nel film di Paola Cortellesi. Tante mamme e tante figlie. La protagonista è la mamma di tre figli, una ragazza adolescente e due bambini più piccoli. Nel suo piccolo, sostiene l’indipendenza della figlia e, quando si accorge del pericolo che sta correndo, sente suonare, forte e chiaro, il Gong! dentro di sé. Non si tratta solo di proteggerla da un candidato che certamente si rivelerà malsano, si tratta di fare di più per la sua liberazione dagli stereotipi della casalinga sottomessa e invisibile. Come madre, fa le scelte sane per proteggere il futuro psicologico ed economico della figlia.

Quante mamme fanno questo?

La narrazione romantica vede il ruolo della madre come quella che nutre e protegge, che si accorge dei pericoli che corrono i figli per tempo e che si adopera per salvarli o tutelarli, senza colpevolizzarli per le loro infauste scelte giovanili. Nella realtà, questo è utopia in moltissime famiglie. Utopia che, però, ci mostra una via profonda, quella della consapevolezza, della presenza, dell’evoluzione, della sorellanza in primis fra madre e figlia, del recupero del ruolo adulto di genitore anche al femminile. E’ quasi un inno: “Madri, alzatevi e proteggete le vostre bambine affinché la spirale della violenza che voi subite si fermi con voi!“. Paola Cortellesi fa di più. Dà una soluzione alla dipendenza affetiva: pensa al tuo futuro, che da sola hai i mezzi per stare in piedi sulle tue gambe. Con lo studio, con il lavoro, con il diritto di voto, con la tua voce pubblica e sociale.

Il ruolo politico della donna in C’è ancora domani

Il primo voto delle donne in Italia sancisce un cambiamento. La volontà di quelle persone che giornalmente ascoltano milioni di: “Stai zitta, tu che sei una donna!“, ora diventa voce che deve essere ascoltata e considerata. Che cos’altro può essere il diritto di voto se non lo strumento per alzare la voce e far sentire il proprio: “Adesso basta!“, forte e chiaro?


C’è di più. C’è un invito al prendere seriamente la questione femminile perché le donne, per arrivare al voto, hanno rischiato la vita, sono morte, hanno pagato prezzi umani e sociali. L’invito è rivolto alla politica tutta, perché quel voto, quella volontà, quell’andare alle urne significa la richiesta di aiuto di una popolazione che regge lo Stato con il suo lavoro invisibile.

Le donne meritano più rispetto, più considerazione, più attenzione da parte della politica e non come mero tema elettorale, ma come concreto elemento del sistema Stato, al di là del loro ruolo di madri o lavoratrici, ma proprio in quanto persone.

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