
Scegliere l’eutanasia per il tuo cane è una delle decisioni più dure che un proprietario di animale può trovarsi a dover compiere. Ogni aspetto dell’eutanasia ha la sua difficoltà perché si tratta di decidere al posto del tuo pet il giorno e l’ora della sua morte, senza aver modo di discuterne con lui.
Talvolta accade in maniera rispettosa nei tuoi e nei suoi confronti. Talaltre, diventa un vero e propria trauma per come viene realizzato e gestito, sia nella comunicazione medico/paziente, sia nell’esperienza stessa della persona. Trattandosi di una realtà che accade ogni giorno nelle cliniche veterinarie e negli ambulatori privati, l’eutanasia può essere faticosa da praticare in continuazione anche dal professionista della struttura.
Si tratta di un’azione che ha la conseguenza irrevocabile della fine. Quando la fai, non puoi più riavvolgere il nastro e tornare indietro, poco importa quanti sensi di colpa tu abbia. Una volta che la vita è tolta, è tolta. Sia con le giuste motivazioni, sia con le più futili o preventive.
La mia esperienza personale con l’eutanasia del mio cane
Mercurio era affetto da insufficienza renale cronica all’ultimo stadio. Era prossimo al coma. Non camminava più, non tratteneva più le urine, non mangiava, non beveva, non riusciva a tenere la testa alta per molto e nemmeno a stare in piedi. Tremava, aveva le convulsioni frequenti, era gelido, aveva la febbre, le flebo non gli servivano più a nulla. Era ad un passo dalla morte, si trattava di ore o, forse, un giorno, non di più.
Questo era il mio alaskan malamute quando decisi di accettare l’invito del veterinario di notte e portarlo, la mattina seguente, in clinica per l’eutanasia. Ne parlo nel mio libro, “Mercurio. Una storia vera.” Eppure, nonostante le sue condizioni critiche irreversibili, nonostante l’essere stata presente fino all’ultimo, nonostante l’essere stata la persona che lo ha caricato sulla barella delle pompe funebri per la cremazione, nonostante tutto l’amore immenso che ho sempre provato per lui, il senso di colpa per l’eutanasia mi divorava.
E mi divorava perché sentire il tuo animale del cuore che si spegne fino a morire nelle tue mani è un’esperienza FISICA, che lascia un segno. Lo senti il respiro che termina, hai la percezione del momento in cui il torace non si muove più, lo vivi fisicamente il momento in cui tutto si frantuma in mille pezzi e lui è lì, morto, e tu sei qui, viva, mentre il nastro continua per te ma non si può riavvolgere per lui. L’aver sentito Mercurio morire è un’esperienza impressa a fuoco nella mia mano destra e non andrà mai via perché è un ricordo che attiva memorie.
Il senso di colpa che ho vissuto io era legato all’aver deciso per lui. Lui era cosciente, nell’ambulatorio. Mi riconosceva, sapeva che stavo decidendo. Non era in coma. Mi guardava dritto negli occhi, come aveva sempre fatto. Lo faceva anche in quel momento, dove tutto il suo corpo stava cedendo ed era pieno di dolore reale.
Non sono stata forte a sufficienza per garantirgli una morte naturale in casa. Non mi sono fermata quando lui voleva uscire dalla clinica. Poi ho capito il perché della sua richiesta ma, sul momento, quello che apparteneva a me come bisogno di porre fine a quel calvario condiviso è stato prioritario rispetto alla sua volontà di ritornare a casa.
Come superare il senso di colpa per l’eutanasia del tuo cane
Se ora, la Carolina di allora, venisse da me per attivare un percorso di elaborazione del lutto pet e mi portasse come richiesta di lavorare sul suo senso di colpa, partirei proprio da due domande:
- Che cosa significa, per te, sentirti in colpa?
- Come non vuoi sentirti in colpa?
Il senso di colpa, infatti, nasce perché non siamo abituati a metterci al primo posto. Quando ciò accade, ne proviamo paura e ci pentiamo perché vediamo le conseguenze per gli altri.
Il nostro pensiero o volere rispetto a quello di qualcun altro diventa “colpevole” perché scavalca quello di qualcun altro. Quando una persona si mette al primo posto, viene etichettata come “egoista“, come “sbagliata“, come “cattiva” e questo produce molti “sì” detti per non essere rifiutati e alcuni “no” per essere accettati.
Tra le tante riflessioni che puoi fare, è importante tu riesca a riconnetterti con il senso che ha avuto per te scegliere.
MA è anche importante capire il senso che questo gesto ha avuto nell’insieme della vostra vita condivisa.
Uscendo dalla logica di “vittima” e “carnefice“, puoi ritrovare il bandolo della matassa che ti ha portato in una data direzione. Ciò significa mettere un confine fra il “senso” e la “colpa“, un confine che costruisci con la consapevolezza delle tue modalità di comportamento davanti a qualcosa che ti fa paura o che ti squilibra emotivamente così tanto da portarti verso l’impulsività, la fuga o qualsiasi altro comportamento sia più calzante per te.
Quando vedi cosa ti muove e come ti muove, quando ti accorgi quanto vuoi quello che scegli e come puoi agire con le consapevolezze di ora, torni ad essere una persona libera.
L’eutanasia del tuo cane come esperienza di senso
Per poter andare oltre al tuo senso di colpa per l’eutanasia del tuo cane e la sua morte, ti serve un passo in più. Diventare consapevole del vostro percorso insieme e del tuo percorso umano. Trovando le risorse positive, da adesso in poi, puoi aiutarti a comportarti con nuovi modi. Per iniziare questo percorso di elaborazione del tuo senso di colpa, ti consiglio la guida gratuita che ho creato, “Ponte dell’Arcobaleno“. Inizia dalle tue lacrime e, poi, ritrova la tua centratura e la stima di te, sentendo ancora vicino e amorevole il tuo pet.

Cara Maria Rita,
spero che, a distanza di mesi, ora il suo benessere sia ritornato.
Posso immaginare. Un caro saluto.
Mi manca come l aria
Era il mio unico e solo migliore amico
Darei qls cosa per riaverlo con me .
ogni giorno é peggio