
La mia testimonianza sul come ho superato la morte del mio cane è una curiosità che mi viene spesso chiesta, di persona, dai clienti che accedono ai miei servizi di coaching. In questo articolo, ti racconto cosa è successo dopo tutte le esperienze che ti ho narrato nel libro autobiografico “Mercurio. Una storia vera“.
Il mio cane era davvero tutto per me. Vivere senza il mio cane era un’eventualità a cui non ero né preparata, né lo immaginavo. Non mi sfiorava nemmeno l’idea di poter esistere senza di lui perché eravamo in simbiosi e ogni mio passo è stato scandito dalla condivisione con lui.
Il mio cane era tutto per me, in ogni ambito della mia esistenza; mi sentivo la sua “mamma adottiva“. Persino la sua tutrice, come ti ho raccontato nell’altro mio libro, “Animali nel cuore“.
Il tempo delle lacrime e la geografia dell’amore
C’è stato un tempo in cui la commozione, la tristezza, la nostalgia dirompevano in me ogni qual volta ero sola. Fuori dagli obblighi sociali, lontana dal lavoro, da sola in macchina, piangevo ricordando Mercurio. Piangevo sia perché mi mancava, sia perché, inevitabilmente, i miei tragitti mi portavano sempre nella mia geografia dell’amore e cioè accanto ai luoghi frequentati insieme.
Vederli era rivedere sia i nostri momenti migliori, sia gli ultimi momenti. Lavare le sue cose, riordinare i suoi giochi, sentire il vuoto e il silenzio dentro casa, vivere le attese dell’incontro e non vederlo venirmi incontro. Tutto, intorno a me, risuonava di noi. Camminando per strada, sentivo la sua presenza fisica accanto a me, camminarmi a fianco. A lungo ho sentito la trazione del guinzaglio e a lungo sono stata incapace di aprire la mano sinistra perché ha continuato a tenere il guinzaglio immaginario anche se non c’era più il mio cane.
La perdita dell’identità individuale
Mercurio ha avuto una vita breve: solo 8 anni. Tuttavia, la durata effettiva di quegli otto anni è stata pari ad una vita intera. Per me è esistito un “prima di Mercurio” e un “dopo Mercurio“. Non ero la stessa persona prima, non sono la stessa ora che il mio cane è morto. La discriminante è la sua influenza nella mia vita, una discriminante fatta di opportunità, consapevolezze, libertà, vissuti, esperienze, bisogni.
Mercurio rispondeva alla perfezione al mio bisogno di solitudine, libertà, sincerità, verità, amore autentico. Con lui ero una ragazza che viveva la montagna, la natura, la vita con i cani.
Senza di lui, ancora oggi faccio molta fatica a ritornare nella natura perché ho perso la motivazione che avevo: lui era la motivazione, il benessere, la ciliegina sulla torta.
Era anche quel senso materno di responsabilità, che mi portava a svegliarmi ad ore improbabili per portarlo in zone isolate a divertirci insieme mentre nessun altro era in giro.
Trovare il punto e a capo
Una mattina mi sono seduta al tavolo del soggiorno e, guardando l’albero sotto cui Mercurio si sdraiava sempre, mi sono detta: “Non posso continuare così“. Non avevo nessuna intenzione di andare dallo psicologo perché sentivo non sarei stata capita fino in fondo. Non volevo essere incasellata in una diagnosi clinica o in una patologia mentale quando il mio problema era solo l’amore che provavo per il mio cane e come rimetterlo in circolo nella mia vita.
Sono ripartita chiedendomi: “Che cosa mi piace fare ancora? Che cosa mi appartiene nche se lui non c’è più?“. All’epoca, mi risposi: “Stare nella natura“. E fu così che iniziai un percorso di equitazione base e di coaching con i cavalli. Purtroppo, però, imparando a salire in sella senza aiuti, mi sono rotta il crociato destro e la mia vita si è ulteriormente bloccata.
Il vuoto fertile
Rompermi il crociato, per me, è stato un precipitare ancora di più: non potendo guidare, camminare, correre, portare pesi per tantissimi mesi e non avendo stabilità nella camminata oppure velocità, quello che potevo fisicamente fare nella mia vita era oggettivmente poco.
Mi sono operata ad un anno dall’incidente a cavallo e questo ha comportato un nuovo stop per la riabilitazione motoria. Se, per superare la morte del mio cane avevo pensato bastasse “cambiare attività” o “cambiare animale“, ora mi ritrovavo con una vita a pezzi, da ricostruire quasi sotto tutti i fronti.
Reggeva il matrimonio ed era l’unica cosa che ancora teneva.
L’aiuto dalla creatività e dall’imprenditorialità
Avendo tanto tempo a disposizione (avevo perso dei lavori non potendo camminare), vivendo una fortissima crisi di identità, così forte da radere al suolo ogni certezza, mi sono avvicinata al coaching.
La mia scuola di coaching mi ha permesso di studiare e fare i tirocini professionalizzanti online e questo mi ha aiutato a superare le barriere architettoniche. Si è trattato di un aiuto grande, un aiuto umano grande, perché ha rimesso in moto la mia vita, mi ha dato una prospettiva, un progetto.
Lavorando su me stessa come coachee prima ancora di diventare coach, ho dato spazio all’immaginazione, alle idee imprenditoriali. Per questo, anche se ti sembra così strano, come coach mi occupo sia della relazione con l’animale sia del lavoro e dell’imprenditorialità: perché il lavoro salva la vita, a volte. Ti tiene in vita. Ti cambia la vita mentre tu stai cambiando come persona.
Da quel buio è nato questo progetto, il mio progetto, che nasce dalle ceneri del precedente “Wolf Eyes Inside“. Tu non lo conosci probabilmente, ma Wolf Eyes Inside, Dentro gli Occhi del Lupo, è stato il progetto professionale quando Mercurio era in vita: comunicare nella natura con il mio cane accanto. Un progetto che chiusi con la morte del mio cane. Perché era trettamente legato al mio cane e a chi era Mercurio. Anche questa esperienza mi ha insegnato molto, sia dal punto di vista umano, sia dal punto di vista professionale.
Elaborare il lutto e superare la morte del mio cane
Una delle azioni che mi ha aiutato a chiudere il cerchio con Mercurio è stata scrivere il romanzo “Mercurio. Una storia vera“. Scrivere è stato un atto di appropriazione dell’esperienza. Proprio per questo, la scrittura è diventata uno degli strumenti cardine del mio lavoro come coach. Scrivere aiuta a pulire i pensieri, liberare la mente, ma anche ad accorgerti di ciò che hai passato, di come sei stata, del tuo ruolo, dell’importanza dei momenti, delle scelte, degli incontri. Mentre scrivi, ti rendi conto che, se non avessi incontrato certe persone, se nona vessi preso certi indirizzi, ora non saresti qui.
Mercurio, per esempio, è esistito perché è esistita la relazione con il mio ex. La scelta di avere Mercurio è nata in seno a quella relazione disfunzionale e grazie a quella persona che, nel mezzo del male vissuto, ha proposto di prendere proprio un alaskan malamute per combattere la mia depressione dell’epoca (2012).
Mercurio, con la sua morte, mi ha aiutato a ringraziare questa persona perché senza di lui, oggi non sarei quella che sono e non potrei nemmeno aiutare te, nel tuo lutto per la morte del tuo cane.
Il qui e ora: a che punto sono?
Oggi non sono più in lutto per la morte del mio cane e sento di aver superato il senso di colpa per l’eutanasia.
In tutta onestà, non voglio adottare ancora nuovi cani perché sto privilegiando la relazione con Mufasa.
Mufasa è il gatto speciale che ci ha trovato – me, mio marito e Mercurio – quando era, selvatico, abbandonato nel letto del fiume Tagliamento. Mufasa è un gatto dalla sensibilità straordinaria, dall’animo immenso e dal cuore d’oro e la relazione con lui ha la priorità in me. Abbiamo una relazione diversa, non figliale, ma spirituale. Se, con Mercurio, mi sentivo la sua mamma umana, con Mufasa mi sento diversamente mamma, più custode e custodita, nello stesso momento.
Ci prendiamo cura, rispettando le distanze. Lui sa che è il principino di casa e che su di me può contare sempre.
Usa questo privilegio tutte le notti, quando ha voglia di coccole, cibo o di giocare e, di rimando, tutti i giorni lui “entra in turno” al mio fianco quando inizio a lavorare.
Per il momento, non cerco l’amore di altri animali anche se mi manca la vita insieme a un cane come Mercurio. Mercurio, però, era unico e, tutto sommato, sto tenendo il posto nel cuore per un incontro speciale, quando sarà.
Ci sapremo riconoscere.